La specificità della preghiera di Ne‘ilà


Siddur per tutto l’anno, rito italiano. Forlì 1383. British Library, London. Ms. Add 26968, f. 287
(Fonte https://picryl.com/media/neilah-from-bl-add-26968-f-287-d26782).

Lo Yom Kippur è un giorno speciale. Ogni suo momento è vissuto in modo diverso rispetto allo stesso momento degli altri giorni dell’anno; ha un sapore speciale. I pasti prima e dopo il digiuno, il tempo passato a casa la sera della vigilia dopo il tempio hanno un sapore particolare. E naturalmente il tempo passato al tempio nelle tefillot non è paragonabile a nessun altro momento dell’anno.

È un appuntamento con il Signore per tutto il popolo di Israele, ovunque sia distribuito nel mondo, giorno nel quale il singolo trova nella preghiera pubblica quella concentrazione ideale per analizzare, approfondire e quindi migliorare il proprio percorso di vita. Può apparire una contraddizione il fatto che questo percorso, che è strettamente personale e ogni anno diverso, trovi modo di esprimersi in una preghiera pubblica e codificata. Ma questo è proprio una delle componenti primarie della tefillà. Il testo, codificato dai nostri maestri più di duemila anni fa, ci dà la forza di trovare nelle fonti dell’ebraismo quelle radici e quei valori che ancora oggi ci sono necessari per comprenderci in quanto ebrei e per aiutarci a trovare una via corretta ed efficace per relazionarci con il Signore. La dimensione pubblica della tefillà non è una distrazione dal nostro percorso personale, ma, al contrario, un moltiplicatore dell’efficacia di questo percorso, perché è all’interno del nostro popolo che possiamo trovare appieno la nostra dimensione di ebrei oggi.

Ognuna delle tefillot del giorno di Kippur ha le sue peculiarità, e un percorso completo di questa giornata non può far a meno di nessuna di esse. Ma non c’è dubbio che la preghiera di Ne‘ilà, per la sua unicità tra le preghiere dell’anno, per i suoi contenuti e le relative tradizioni, per il momento della giornata in cui è inserita e, non per ultima, per la partecipazione che la contraddistingue, è quella che tra le altre emerge per intensità.

Vorrei quindi scrivere nel seguito della specificità di questa tefillà. Da dove trae origine, come si lega alle altre tefillot, in cosa si differenzia, che contributo dà all’intera giornata e perché viene detta proprio al suo culmine.

Vediamo in primo luogo da dove trae origine la tefillà di Ne‘ilà e come si inserisce nel sistema delle tefillot. Nel trattato di Berakhot a pagina 26a viene stabilito che le preghiere furono definite dai Patriarchi, e poi i Maestri le misero in relazione al servizio sacrificale nel Santuario che si svolgeva dalla mattina fino al volgere della sera, per fare in modo che la giornata sia “avvolta” dalla preghiera. Alle tre preghiere dei Patriarchi i Maestri aggiunsero anche la preghiera di Musaf nello Shabbat, nel capomese e nelle festività, in relazione al sacrificio aggiuntivo di musaf, al fine di esprimere attraverso la tefillà la peculiarità della giornata. Comprendiamo quindi che la tefillà di Ne‘ilà non deve sfuggire al principio di essere in stretta relazione con il significato della giornata. Tuttavia, dal momento che il giorno di Kippur ha già di per sé la tefillà di Musaf che già esprime la peculiarità della giornata, come per gli altri giorni festivi, resta da comprendere perché si sia ritenuto necessario aggiungere anche Ne‘ilà. In altre parole ci si chiede cosa questa tefillà venga ad aggiungere alla peculiarità della giornata rispetto alle altre feste.

Le festività riportate nella Torà sono chiamate “miqrà qodesh” (letteralmente: una sacra convocazione). Il modo con cui esprimiamo questa peculiarità è attraverso un vestiario particolare e mediante pasti abbondanti e banchetti. Si può comprendere facilmente come in un giorno di digiuno queste ultime non siano applicabili e per questo Rashì spiega che nel giorno di Kippur esse vengono sostituite dalla tefillà. La preghiera è quindi un elemento di distinzione del giorno di Kippur rispetto alle altre festività. Non a caso è chiamato yom tefillà (il giorno della tefillà). Si comprende quindi come l’aggiunta di una quinta preghiera stia proprio a sottolineare questa caratteristica del giorno di Kippur. Quanto detto rende questa preghiera diversa dalle altre perché essa non ha una connessione diretta con il culto sacrificale, cosa che invece le altre tefillot hanno.

Ma la preghiera di Ne‘ilà ha anche un’altra origine, la cui fonte è nella Torà. «E quando vi troverete in guerra nella vostra terra contro un nemico che vi opprime, suonerete a strepito le trombe e sarete ricordati da parte del Signore vostro Dio e sarete salvati dai vostri nemici» (Numeri 10,9). Da questo versetto deriva l’obbligo biblico di rivolgersi in preghiera al Signore in situazioni di oppressione che riguarda il popolo ebraico. In queste situazioni possono essere indetti dei digiuni pubblici all’interno dei quali si recita la preghiera di Ne‘ilà. Ne deriva quindi che questa preghiera assume anche la connotazione di essere un preghiera che si recita in un momento di oppressione. C’è però una differenza sostanziale tra la Ne‘ilà di Kippur e quella del digiuno pubblico, ed è che mentre la seconda è indetta per invocare la salvezza della collettività, quella di Kippur è maggiormente rivolta al singolo, come per altro il suo brano più caratteristico lascia intendere: «Tu ha distinto l’uomo dall’inizio». Se nel caso del digiuno pubblico questa preghiera è quindi un grido d’aiuto di un’intera collettività, a Kippur la preghiera di Ne‘ilà va intesa come l’apice della supplica che rivolgiamo con grande intensità al Signore affinché accolga il nostro percorso di teshuvà, ossia di pentimento e di ritorno.

Infine, perché Ne‘ilà si recita proprio al termine della giornata? Il nome stesso sta a indicare il tempo in cui la preghiera di Ne‘ilà vada detta. Su questo discutono nel Talmud i due grandi Maestri della prima generazione di amoraim babilonesi. Secondo Shemuel si tratta della chiusura (traduzione del termine ne‘ilà) delle porte del Santuario, ovvero del momento detto “pelag ha-minchà”, ossia circa un’ora e un quarto prima del tramonto. Secondo Rav invece ci si riferisce alla chiusura delle porte del cielo e quindi un tempo più prossimo e anche successivo al tramonto. I Maestri delle Tosafot (Shevu‘ot 12b) scrivono che il giorno di Kippur non porta l’espiazione fino a che non arrivi la sera. Si tratta di un momento che si pone a conclusione di un’intera giornata dedicata alla tefillà, alla riflessione sul proprio percorso di vita, una giornata in cui la riflessione personale si sviluppa però anche in una dimensione di preghiera pubblica, e questo non solo ci permette di comprendere come migliorare noi stessi, ma ci aiuta anche a proiettare la nostra riflessione personale sul contributo che possiamo dare alla collettività del popolo ebraico e come, migliorando noi stessi, possiamo cercare di migliorare il percorso del nostro popolo.

Questi sono alcuni tra gli ingredienti che rendono il momento della tefillà di Ne‘ilà un momento particolarmente intenso, partecipato, centrale nella vita di ogni ebreo, come singolo e come membro di un popolo, con l’augurio che le nostre tefillot, e in particolare quella di Ne‘ilà del prossimo Kippur, vengano accolte ed esaudite.

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