’am Israel chay, graffito, Tel Aviv (fonte Wikipedia.org)
Venuti a Firenze per un felice evento famigliare, abbiamo nel pochissimo tempo a nostra disposizione rivisto i pochi e vecchi amici di questa sempre meravigliosa città. Qui abbiamo vissuto da bambini e da giovani adulti, e ci siamo formati nel suo spirito culturale, estetico, nonché ebraico.
Non è stato facile decidere di lasciare Israele, anche se per pochissimi giorni, nell’attuale situazione di guerra, di incertezza del futuro, mentre ancora molti dei nostri concittadini rapiti da Hamas sono prigionieri a Gaza, e più di centoventimila israeliani sono sfollati dal Nord − da Kiryat Shmona semidistrutta e dai villaggi vicini – e dal Sud − dai kibbutzim e dalle cittadine al confine con la Striscia di Gaza.
La popolazione delle zone che fortunatamente non sono state colpite ha reagito e dimostra grande forza di resilienza, ma è indubbiamente traumatizzata. Noi non volevamo assolutamente fare una gita turistica, né tantomeno una vacanza, ma solo stare con la famiglia e con gli amici, parlare di come noi e loro abbiano vissuto questa terribile nuova esperienza di odio e distruzione nei confronti di Israele in primis e di tutti gli ebrei del mondo in generale, e a Firenze in particolare.
Ancora una volta si è manifestata l’incrinatura nel mondo ebraico tra Israele e la diaspora, che ha lasciato un segno nel medesimo corpus.
Per noi, specialmente per quelli come me, sopravvissuti alla Shoà vissuta direttamente sulla propria pelle, è stato un ritorno nel passato, e un avvertimento per il futuro: coloro che vorrebbero la fine di Israele e del popolo ebraico non hanno rinunciato all’idea dello sterminio totale del nostro popolo.
E sia chiaro a tutti: la strage compiuta da Hamas il 7 di ottobre, giorno di Simchat Torà, è stato un tentativo di sterminare la popolazione di Israele e di distruggerlo.
All’inizio, insieme alla strage della popolazione ci sono stati centinaia di missili di Hamas lanciati dal Sud, poi si sono aggiunti dal Nord quelli di Hezbollah, sostenuto e finanziato dall’Iran, fino agli Houthi, lontani 2000 km, con missili iraniani. Anche parte della popolazione araba in Cisgiordania si è ribellata. Quindi, Israele è stato praticamente attaccato contemporaneamente da questi nemici con una pioggia di missili – anche direttamente dall’Iran − che cercavano di colpire la popolazione civile e distruggere le strutture vitali.
Israele ha reagito come avrebbe fatto ogni altro Stato. Gaza è stata bombardata, ed è iniziata una guerra contro i terroristi di Hamas. Contro Hezbollah si è combattuto in vari modi nel Libano, e contro l’Iran sono stati colpiti, quando possibile, i capi militari.
La reazione di Israele alla strage, alla distruzione e al rapimento di molti cittadini innocenti, e alla guerra dei missili non è stata una vendetta, come è stato detto e scritto in modo subdolo, falso e bugiardo, ma un’azione di guerra che, come hanno detto sia il capo del Governo Netanyahu che il ministro della Difesa Yoav Gallant, aveva un doppio scopo: eliminare la minaccia di Hamas e liberare gli ostaggi prigionieri a Gaza.
Il capo di Stato Maggiore dell’Esercito di Difesa di Israele, Erzi Halevi, ha anche emesso un ordine di non commettere azioni contrarie al Diritto di Guerra e quindi immorali. In un caso di maltrattamento di prigionieri arabi, i soldati sono stati processati e puniti. Naturalmente le prime giornate della guerra sono state terribili per le due parti, ma non si deve dimenticare chi ha iniziato questa guerra. Hamas, nelle prime ore della strage, ha ucciso brutalmente uomini, donne e bambini, alcuni addirittura infanti alla presenza dei genitori, ha commesso violenze contro donne e ragazze e rapito civili che partecipavano ad una grande festa campestre. I particolari sono noti a tutti, e dai particolari raccontati dopo il ritorno di quei pochissimi sopravvissuti, restituiti a Israele, si è saputo del terribile trattamento subito nei sotterranei di Gaza. Molti sono stati uccisi, pochi minuti prima che i soldati di Israele potessero arrivare a salvarli.
Certo la reazione di Israele è stata anch’essa terribile, ma Hamas nascondeva armi e munizioni nelle scuole, negli ospedali e in molte altre organizzazioni pubbliche nonché nelle case private.
L’informazione sui fatti della guerra arrivava all’esterno di Israele in diretta e con molti particolari volutamente travisati che la rendevano di difficile comprensione e interpretazione obbiettiva.
È quindi ingiusto accusare Israele di crimini contro l’umanità ed emettere ordini internazionali di arresto come ha fatto la Corte Internazionale dell’Aia.
Particolarmente ingiusto e offensivo è stato il comportamento di colleghi e amici nei confronti dei relativi corrispondenti ebrei: accusando Israele, si sono dimostrati ostili togliendo il saluto o addirittura non volendo collaborare e nemmeno incontrarli e discutere civilmente. Molti comportamenti sono stati tipicamente antisemiti come noi ricordiamo bene da altri tempi non così lontani.
Anna Foa ha scritto un libro intitolato Il suicidio di Israele; non ho potuto leggerlo, ma Israele non si suiciderà. La popolazione ha reagito civilmente con grandi e molte azioni di volontariato, l’Esercito ha combattuto, e i soldati sapevano di difendere il loro Paese, lo Stato ebraico; quindi, abbiamo avuto molte perdite tra i civili, e moltissime tra i militari sia di leva che delle riserve, spesso padri di famiglia, per cui ora abbiamo moltissimi feriti e un gran numero di vedove e di orfani di cui al di fuori del Paese nessuno parla.
Lo Stato di Israele ha molti problemi di difficile soluzione, i politici di professione sono spesso ignoranti e incapaci di risolverli.
Le nuove generazioni si sono dimostrate forti e pronte al sacrificio, ma hanno una gran voglia di vivere e di costruirsi un futuro. Per descrivere lo stato emotivo del Paese non basterebbe scrivere un libro. Lo spirito di Israele è ancora oggi forte e coraggioso (חזק ואמץ).
Il rapporto con la diaspora è fondamentale: dovrebbe essere critico ma costruttivo, tutto sommato, senza retorica, siamo un solo POPOLO, con un solo Paese עם ישראל חי.